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Acoustic Franciacorta 2014 – L’undicesima edizione (3)

di Elisa Minelli e Stefano Rosa – foto di Elio Berardelli e Mario Bonotto

Il 31 agosto, oltre ad essere l’ultimo giorno del mese, è anche l’ultimo giorno di Acoustic Franciacorta. Una giornata però molto intensa e ricca di grande musica. Finisce tutto dove era iniziato undici anni fa, presso il Monastero di San Pietro in Lamosa di Provaglio D’Iseo. Dalle dieci di mattina Acoustic Franciacorta si anima con l’esposizione di chitarre e altri strumenti, mostre fotografiche, laboratori di liuteria, la presentazione e l’ascolto di impianti Hi-Fi di elevata qualità e laboratori di registrazione a cura dell’associazione Guarda la Luna e Omicronstudio. Stili di chitarra, stili di vita è il convegno che si è tenuto nella mattinata, organizzato da fasolmusic.coop e condotto da Reno Brandoni: sono intervenuti i musicisti di Acoustic Franciacorta e Franco Pagnoni, Presidente di fasolmusic.coop.
Dal primo pomeriggio il Monastero ha fatto risuonare le sue mura che racchiudono secoli di storia con il seminario Arrangiamo una canzone dei Beatles in flatpicking di Alberto Caltanella e l’esibizione dei vincitori del concorso Arrangiatevi!, il concorso chitarristico di composizione e arrangiamento per chitarra acustica organizzato da Acoustic Franciacorta. La giuria composta da Reno Brandoni, Giorgio Cordini, Giovanni Pelosi e Mimmo Saponaro (in sostituzione di Andrea Carpi) ha decretato i vincitori: Antonio Tomeo, primo classificato, premiato con un amplificatore SR Technology Giulia, ha suonato l’inedito Kappuccetto Rosso e un arrangiamento originale di Chameleon, standard jazz di Herbie Hancock; avremo il piacere di ascoltarlo tra i concerti della prossima edizione di Acoustic Franciacorta. Marco Zappalà si è aggiudicato il secondo posto con la sua composizione Monday Night e l’arrangiamento di Merry Christmas, Mr. Lawrence di Ryuichi Sakamoto; è stato premiato con il pickup magnetico per chitarra acustica Schertler. Andrea Vittori AG6, terzo classificato con l’inedito Green and Silver e l’arrangiamento di The Blacksmith, brano tradizionale di folk inglese, ha ricevuto un microfono a contatto universale Schertler Basik Set. Ai tre vincitori è stato regalato un abbonamento alla rivista Chitarra Acustica.

Antonio Tomeo, 1°classificato (foto di Mario Bonotto)
Antonio Tomeo, 1°classificato (foto di Mario Bonotto)
Marco Zappalà, 2°classificato (foto di Mario Bonotto)
Marco Zappalà, 2°classificato (foto di Mario Bonotto)
Andrea Vittori, 3°classificato (foto di Mario Bonotto)
Andrea Vittori, 3°classificato (foto di Mario Bonotto)

Dopo l’esibizione di queste giovani promesse del mondo della chitarra acustica si è passati ai concerti pomeridiani con Giovanni Pelosi, ospite storico di questo festival: è l’unico chitarrista ad aver suonato a tutte e undici le edizioni. È sempre un grande piacere poterlo ascoltare, la sua è una musica ricca di grande esperienza, una musica che riesce sempre a rinnovarsi e a stupire. Tra i numerosi brani che abbiamo avuto il piacere di ascoltare spiccano “Birdland”, l’inedito “AAA”, che prende il nome dalle batterie e “Deep Blues in C”, scritto in collaborazione con l’amico musicista Duck Baker, dove deep sta per ‘profondo’ e Giovanni gioca su questa parola: «strano che lo chiami profondo, a me sembra molto leggero, frizzante».

Dopo un grande applauso si passa al giovane bluesman Alex Gariazzo, che con un timbro avvolgente e una ritmica vivacissima trascina il pubblico in un vortice di grande musica. Il primo brano in scaletta è una reinterpretazione di “Walking Blues” di Robert Johnson, un omaggio al grande maestro del blues; si prosegue con l’inedito “Please Don’t Call Me on the Phone”: «Se mi chiedessero qual è stato il bluesman più influente in assoluto direi, oltre a Robert Johnson, sicuramente Muddy Waters. Ha scritto delle pietre miliari, in particolare una, “Rollin’ Stone”, da cui i Rolling Stones hanno preso il nome. È stato un traghettatore del blues dal country blues al blues urbano, attuando quindi uno spostamento sonoro dalla musica acustica a quella elettrica». Alex propone quindi un proprio arrangiamento di “I Can’t Be Satisfied” di Muddy Waters. Imbraccia poi la chitarra baritona e canta “Nobody’s Fault But Mine”, perché il blues «oltre ad essere la musica del diavolo, aveva anche un lato religioso, quello dello spiritual». Ci consiglia di ascoltare la sua versione preferita del brano, quella di Nina Simone. Continua con una prison song, “Take This Hammer”, dove fa sentire le radici del blues «con uno strumento, l’ukulele, che non è prettamente blues, ma che può evocare vagamente dei suoni dell’Africa nell’intro e che poi prosegue con tutte le influenze della musica black». “Why You Been Gone So Long?” è il brano che esegue in flatpicking, un mix di musica inglese, scozzese, francese, country music Americana, white gospel e blues. Passa poi ad una murder ballad che anticipa un inedito scritto con Paolo Bonfanti. Conclude l’esibizione con “Mojo Boogie”, dove coinvolge ancora di più il pubblico che risponde alle frasi cantando e tenendo il ritmo. Accontenta poi la richiesta di un bis prima di lasciare il palco all’inglese Peter Price.
Peter Price è l’ultimo artista che abbiamo il piacere di ascoltare nei concerti del pomeriggio.

Peter Price (foto di Mario Bonotto)
Peter Price (foto di Mario Bonotto)

Apre la sua esibizione con il blues “Selling His Soul to the Devil” ispirato a Robert Johnson, con un timbro graffiante tipico di questa musica. Omaggia poi Tom Waits con la bellissima “Shiver Me Timbers”. Segue un brano tratto da un vecchio film western in bianco e nero: in questo caso non canta perché dice che il testo della canzone è «spazzatura», ma ne è affascinato dalla parte strumentale. È quindi la volta di una melodia tipica del banjo eseguita con la chitarra e di numerosi altri brani, nei quali il chitarrista inglese mostra una decennale esperienza con lo strumento.

Alberto Caltanella (foto di Mario Bonotto)
Alberto Caltanella (foto di Mario Bonotto)

La sera della domenica, il primo musicista a far risuonare le pareti del Monastero è Alberto Caltanella, esponente del creative strumming, che vanta la partecipazione ad alcuni dei più importanti festival europei, come l’Acoustic Guitar Meeting di Sarzana, Madame Guitar, Soave Guitar Festival, Musikmesse, Galliate Master Guitar, Un Paese a Sei Corde, Convention ADGPA, Bachmann Acoustic Festival e il nostro Acoustic Franciacorta. Sono due gli album pubblicati, Il profumo dell’acqua (2006) e L’albero della vita (2010), per il quale ha collaborato con altri strumentisti arricchendo le armonie dei brani con voci, archi e fiati. Apre l’esibizione con una commovente “Ave Maria” di Schubert in flatpicking, per creare l’atmosfera adatta e dare il giusto tributo al luogo sacro dove si tiene l’evento. Con il secondo brano fa una virata brusca sul tipico country style americano, sfruttando a pieno il plettro col quale graffia le corde con decisione. Per il pubblico di Acoustic Franciacorta suona un inedito mai eseguito prima, intitolato “The Flower”, una ballata in flatpicking con arpeggi melodici e un tema colorato e di ampio respiro. «Mi piace pensare alla vita come ad un grande albero pieno di rami che rappresentano le sue varie sfaccettature»: queste le sue parole per introdurre “L’albero della vita (Tree of Life)”, che dà il nome all’album. Questo brano è un mix di flatpicking e fingerstyle, molto energico e dal gusto folk tipico dei paesi britannici. Il suono della sua Taylor 710ce è sicuramente il più adatto alle sue composizioni, essendo asciutto, immediato, privo dei grossi bassi delle tipiche dreadnought.

King (foto di Mario Bonotto)
Bocephus King (foto di Mario Bonotto)

James Perry, in arte Bocephus King, è il primo musicista canadese a calcare il palco di Acoustic Franciacorta. Da subito crea un’atmosfera rilassata con il pubblico, presentandosi scalzo e con piglio amichevole. La chitarra classica in levare e una linea melodica che ricorda i vecchi musical americani di inizio ’900 aprono il suo concerto. Col secondo brano trasporta il pubblico in un’atmosfera più latina e più ricca dal punto di vista ritmico. È il momento di un brano che parla dei confini tra gli stati, che invita l’ascoltatore a riflettere sul fatto che i confini non sono altro che cose immaginarie, create dall’uomo per dividere e non unire. Un’atmosfera da brividi si crea con “Cowboy Neal”, durante il quale il pubblico si esalta tenendo il tempo insieme a King. La gente seduta e in piedi tra i banchi continuerà ad accompagnare il chitarrista canadese con cori e battiti di mani per il resto del concerto, creando un’aria di festa in un crescendo di emozioni.
Ultimo musicista ad esibirsi all’undicesima edizione di Acoustic Franciacorta è lo spagnolo Fernando Perez: «Prima di tutto per me la musica, più che dare un messaggio, è condividere qualcosa di bello con tutti. Mi piacciono molto le culture e le persone dei diversi luoghi. Per questo vorrei che la gente sentisse o vedesse ciò che sentono le persone di altri paesi. E per avvicinare persone di paesi diversi, e per avere con loro qualcosa da condividere, la musica è l’ideale perché crea solidarietà e comprensione: in realtà siamo tutti uguali.» La sua esibizione è un vero e proprio viaggio attorno al mondo, il viaggio che ha fatto lui stesso e che gli ha permesso di incontrare persone e luoghi fantastici. Compone in onore di tutti gli amici che ha incontrato durante il viaggio, per ricordare loro e i luoghi: «ricordo tutti i luoghi con molto affetto». Ci fa viaggiare partendo dal suo paese, la Spagna con “Paisaje Español”, prosegue poi il viaggio della chitarra nell’Africa dell’Est, nello stato del Mali con la musica dei mandingo. Gli schiavi africani, attraversata la ‘Porta senza ritorno’ venivano trasportati in America del Nord, Centrale oppure del Sud. In America del Nord gli africani, insieme alle altre influenze, «usarono la chitarra per suonare il blues”; ecco quindi una sua composizione blues che esegue come terzo brano, dedicata alla leggenda di Robert Johnson. Il viaggio prosegue in America Centrale, Messico, nel Mare dei Caraibi, un mix di suoni spagnoli e ritmi africani in un genere cui Fernando dedica un brano, “Son Jarocho”. Si passa poi in Argentina con un tango, un inedito che racconta la storia di Piazzolla e Malena: “Malena conoce a Piazzolla”. Con “Choro do Brasil” rimaniamo in America Latina, Fernando ci racconta che la musica brasiliana trae ispirazione, come quella africana, dal canto degli uccelli. Ci spiega poi un dettaglio tecnico: i brasiliani hanno una chitarra con sette corde, nel monastero ne suona una con sei, quindi cambia l’accordatura in base alle esigenze del brano.

Fernando Perez (foto di Mario Bonotto)
Fernando Perez (foto di Mario Bonotto)

Durante la sua vuelta al mundo, Perez ci accompagna nell’Oceano Pacifico, alle isole Hawaii, con «una musica molto antica e speciale, che anche l’ultima regina delle Hawaii aveva arricchito. Aveva infatti trascorso gli ultimi anni della sua vita a comporre e suonare musica». Fernando dedica quindi la sua composizione a questa donna, l’ultima regina hawaiana. Gli irlandesi emigrati negli Stati Uniti, dopo aver ascoltato il suono della musica hawaiana, se ne innamorarono e apportarono sfumature nella loro musica: nacque così il bluegrass, la musica country; Fernando ci fa ascoltare un tema di una tipica danza di festa. Si passa poi in Estremo Oriente: la Cina. Perez ci spiega la relazione tra la musica e la natura in Cina: «un suono potrebbe descrivere la grandezza di una montagna, l’immensità dell’oceano, l’armonia dei rami di un albero che ballano con il vento, la grandezza del silenzio… Questi suoni si incontrano nella musica cinese». Dalla Cina all’India, paese affascinante, anche questo caratterizzato da una musica molto profonda; ci fa ascoltare una sua composizione di musica ‘leggera’ in onore a uno dei grandi insegnanti che aveva conosciuto nel ‘Paese dai mille colori’: il grande maestro Ravi Shankar. Pian piano ci avviciniamo alla Spagna, ma per ora andiamo virtualmente in Egitto: per farci sentire il suono dell’oud con i quarti di tono, Fernando sostituisce in pochi secondi parte della tastiera della sua chitarra con una tastiera fretless, perché appunto il manico dell’oud arabo non prevede tasti. E dopo un brano di musica arabo-turca, ecco ancora una melodia dal carattere greco tratta dall’ultimo album del 2014 Greek Music for Guitar, prima di tornare in Spagna con un classico flamenco.

Concludiamo questa favolosa edizione di Acoustic Franciacorta con l’invito del direttore artistico Giorgio Cordini, che saluta così il numerosissimo pubblico: “Un festival che non si potrà interrompere. Ci sarà una dodicesima, una tredicesima edizione e così via… organizzate dall’associazione Libera Accademia in Franciacorta. Beh, speriamo…» Vi salutiamo infine con le parole di Reno Brandoni: «Ci auguriamo di trovare sempre più appassionati dello strumento chitarra, perché la chitarra, soprattutto quella acustica, è uno strumento che ti può accompagnare sempre. Nella mia vita la chitarra l’ho avuta sempre vicino, mi ha sempre dato una mano ed è stata per me una compagna assoluta e fedele.»

Elisa Minelli e Stefano Rosa

Elisa Minelli e Stefano Rosa, giovani musicisti che da sempre hanno seguito Acoustic Franciacorta tra le file del pubblico, ora, per la prima volta in veste di volontari del festival, hanno curato la stesura di questo articolo per Chitarra Acustica. Molte delle citazioni presenti nell’articolo provengono da loro interviste video e scritte, realizzate durante il festival per la rivista musicale online musicwall.net. Per conoscere meglio i musicisti presenti nel servizio, vi invitiamo perciò a consultare il sito web citato, dove troverete un’intera sezione dedicata ad Acoustic Franciacorta con estratti dei concerti.
Leggi qui e qui il racconto di tutte le giornate di questa edizione dell’Acoustic Franciacorta.

PUBBLICATO
Chitarra Acustica, 10/2014, pp. 34-36

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