(di Andrea Carpi / foto di Riccardo Bostiancich e Gerardo Barghini) – Tra le campane della chiesa suonate a festa e un paio di matrimoni – uno dei quali allietato a quanto pare da un’Ave Maria interpretata da Armando Corsi con Marco Bianchi – il chitarrista Michele Pirona, non nuovo alla piazza di Madame Guitar, è riuscito a far trascorrere piacevolmente l’intera mattinata di domenica al pubblico numeroso, districandosi tra le varie interruzioni attraverso il sapiente dosaggio di due suoi progetti: Guitar Sketch con l’altro chitarrista Andrea Maurizio, un programma d’intrattenimento adatto all’occasione, in cui i due musicisti giocano senza soluzione di continuità sui tempi di esecuzione e sui ritmi del boogie-woogie, del flamenco, del “Volo del calabrone”, o compongono all’impronta un brano sulle note suggerite dal pubblico; e Guitar Soundtracks, un programma di famose canzoni dalle colonne sonore dei film, con la brava e raffinata cantante Marina Bargone, capace di efficaci impennate nei momenti di maggiore difficoltà, come in “C’era una volta il West” di Ennio Morricone.



Quattro set diversi invece per il fitto programma del pomeriggio. Inizia Alberto Caltanella, che ha sofferto negli anni precedenti di tendinite al braccio, ma che è tornato quest’anno in piena attività e in piena forma. Abbiamo riascoltato con piacere il bel suono offerto dalla sua Taylor al suo flatpicking condito di creative strumming, apprezzando in particolare alcuni brani nuovi che sembrano preludere a un nuovo album: una composizione ispirata alle Highlands scozzesi, un robusto arrangiamento di “You’ve Got to Hide Your Love Away” dei Beatles, una versione di “Rosamunda”, titolo italiano di una polka di successo internazionale entrata nel repertorio del liscio, scritta originariamente dal compositore ceco Jaromír Vejvoda nel 1927 col titolo “Modřanská polka”.

Lungo set di musica old-time dei monti Appalachi per il Dry & Dusty Trio, con Alioscia Ferrara alla voce e al banjo a 5 corde in rigoroso stile clawhammer e Alberto Rota alla voce e al fiddle, a costituire il nucleo originario delle prime string band della musica country; e con l’apporto importante di Giusi Pesenti alla voce e alle piccole percussioni, con ossa, cucchiai e triangolo a rievocare gli spettacoli ottocenteschi dei minstrel show, e il tipico washboard delle prime jug band. Il tutto in un repertorio costituito per la maggior parte da musiche da ballo, che hanno scaldato gli animi e suscitato un entusiasmo crescente nel pubblico, grazie alla loro incalzante vitalità e arcaica allegria. Al trio si è unito negli ultimi brani il mandolino di Massimo Gatti per aggiungere un tocco di ‘modernità’, se così possiamo dire.

Un gradito ritorno è stato quello di Chris Proctor, che ci era apparso sotto tono nelle ultime apparizioni italiane, ma che si è ripresentato oggi in forma smagliante. Dopo aver magnificato gli gnocchi di zucca con sugo di pistacchio, noci e mandorle consumati al tradizionale “A tavola con Madame”, l’incontro del pranzo domenicale tra gli artisti e il pubblico in diversi ristoranti del luogo, Chris ha riproposto alcune composizioni originali del suo primo periodo, di cui avevamo dimenticato l’intricata bellezza e modernità, e poi i suoi più noti arrangiamenti dall’album Under the Influence del 2001, come il medley “California Dreamin’/Paint It Black/Runaway”; per concludere con l’altro scintillante medley ispirato dai Beatles con un inserto di Donovan, “Revolution/Good Day Sunshine/Getting Better/Mellow Yellow/A Little Help from My Friends” da Close and Personal Friends del 2012, suonato con un Esus4 partial capo.

Il programma in piazza termina con il Bruskers Guitar Duo di Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi, che sono stati onnipresenti quest’anno, ma che del resto sono diventati una garanzia dal punto di vista della qualità delle loro esibizioni e del divertimento che sanno infondere negli spettatori. ll modo in cui si cercano con lo sguardo per rinforzare il loro già invidiabile affiatamento rappresenta di per sé uno spettacolo nello spettacolo e così, tra leggerezza e perfetta sintonia, si procede tra gli applausi fino al conclusivo e inedito “In a Bizet Mood”, medley alquanto bizzarro di alcuni celebri temi dalla Carmen di Bizet.

Giusto il tempo di riprendere fiato e ci si sposta verso il teatro Garzoni per la serata finale, aperta da Pino Russo, chitarrista tra la classica e il jazz, docente di chitarra jazz, armonia jazz e didattica dell’improvvisazione musicale al Conservatorio di Alessandria. Con la sua chitarra Yamaha della serie Gran Concerto, di cui è dimostratore per l’Italia e che ha presentato alla mostra di liuteria di Madame Guitar, ha dato vita a un concerto rigoroso e molto bello, che ha alternato composizioni originali come “Furore” e “Gatteria”, un accenno di samba con l’arrangiamento di “Mas que nada” di Jorge Ben, ed elaborazioni fingerstyle jazz di brani standard, in particolare dal suo ultimo disco Novecento – Pino Russo plays the music by Thelonious Monk, John Coltrane, Miles Davis per la Splasc(h) Records: “’Round Midnight” di Monk, “Naima” di Coltrane e “Milestones” di Davis.

Damir Halilić, conosciuto più semplicemente come Hal, è un chitarrista croato di Fiume, che ha già partecipato alla prima edizione di Madame Guitar nel 2006. È un vero virtuoso dello strumento, con una solida formazione classica alle spalle, ma conosce a fondo anche la tradizione americana fingerstyle, come testimoniano alcuni brani che ha eseguito in questa serata: “The Entertainer”, la composizione originale “Cartoon Rag”, nella quale ha cercato di inglobare i vari stili della musica statunitense dal country al blues e al jazz, e “Mosquito”, un incandescente boogie dedicato alla memoria del bluesman Philadelphia Jerry Ricks, che ha avuto occasione di conoscere e invitare in Croazia. Ma la parte centrale del suo set è occupata dai pezzi per chitarra sola del suo ultimo album Mare nostrum, dedicato al mare Adriatico, che si dividono in due tipologie: alcune miniature ispirate alla musica rinascimentale, concepite originariamente come composizioni orchestrali per il teatro, e alcune composizioni basate sulla musica tradizionale croata, che assumono per noi un grande interesse. Hal è oggi un chitarrista molto influente e noto in Croazia, dove dirige tra l’altro l’importante Hal’s All Star Guitar Festival, e meriterebbe certamente un più ampio riconoscimento internazionale.

Molto interessante è anche l’esibizione di Michel Gentils, chitarrista francese per la prima volta in Italia, che si presenta con grande umiltà ed esordisce con un pezzo tecnicamente molto semplice, lento, pieno di melodia. In sala si crea immediatamente un silenzio totale, carico di concentrazione: si avverte subito che in quella musica c’è cuore e poesia, una magia particolare. E il piccolo miracolo continua quando Gentils imbraccia una bella 12 corde del noto liutaio Jean Pierre Favino e suggerisce che non dovrebbe essere suonata come una sei corde, ma sfruttando appieno tutte e dieci le note diverse della sua accordatura, utilizzando una tecnica per suonare separatamente le corde basse e le corde acute nelle quattro coppie di corde accordate all’ottava. I due brani che esegue dimostrano che ha ragione: lo strumento rivela delle possibilità insospettate e affascinanti. E ancora, Michel riesce a tirar fuori anche dalla chitarra baritona un lirismo insospettato. Per non parlare di quando si abbandona con più evidenza a una musica di ispirazione indiana e ricca di improvvisazione, sulla chitarra-vina progettata insieme al già ricordato Favino: uno strumento a doppio manico con corde di simpatia, per un totale di 26 corde, e con il tipico ponte jawari per ottenere le sonorità caratteristiche degli strumenti indiani a corda. L’incanto prosegue e Gentils si conferma un musicista particolarissimo e di grande sensibilità, che vale la pena seguire con curiosa attenzione.

Ci voleva un’artista di grande spessore per non interrompere lo stato di grazia in cui il pubblico era stato condotto. E Armando Corsi non ha certo deluso le attese, festeggiando proprio qui a Tricesimo i suoi cinquant’anni di carriera musicale, «emozionato come al primo concerto». Accompagnato dalla proiezione di foto d’epoca e da una voce narrante registrata, proponendosi anche come cantante e chiamando sul palco il suo «compagno di ventura» U.T. Gandhi, noto batterista jazz friulano, Armando ha snocciolato un’incredibile carrellata di musiche che hanno segnato la sua vita. Si comincia con “Giochi proibiti”, emblema dell’iniziazione alla chitarra solista per le generazioni passate, per passare a “Stefania” di Pasquale Taraffo, appresa nelle osterie della vecchia Genova, che frequentava assieme al padre, grande appassionato delle ‘squadre di canto’ tradizionali. L’incontro con la musica leggera e lo swing italiano, attraverso l’ascolto della radio, i primi giradischi e le prime esperienze nei locali notturni e nelle navi da crociera, è poi raccontato con “Da te era bello restar” dal repertorio di Natalino Otto, “Boccuccia di rosa” portata al successo da Johnny Dorelli e Fred Buscaglione, e “Non partir” da Tony Dallara e Buscaglione. “Garota de Ipanema”, conosciuta nella versione di João e Astrud Gilberto, testimonia invece dell’innamoramento per la bossa nova. Mentre “Ritornerai” di Bruno Lauzi e “Io che non vivo senza te” di Sergio Endrigo, che Armando ha conosciuto lavorando al Pipistrello di Roma nell’orchestra di Riccardo Rauchi, dove Endrigo figurava come cantante e contrabbassista, parlano dell’incontro con la canzone d’autore. “Spain” di Chick Corea è un brano che Corsi ha avuto l’opportunità di suonare insieme a Paco de Lucía durante la trasmissione televisiva Fantastico nel 1989; mentre “What a Wonderful World” di Louis Armstrong l’ha suonata con Eduardo De Crescenzo nella stessa trasmissione. Da lì nasce poi l’incontro con Beppe Quirici e la lunga collaborazione con Ivano Fossati, qui ricordata attraverso “Sonatina”, composizione strumentale dello stesso Fossati, che la eseguiva in duo appunto con Armando. La successiva attività solista di Armando viene invece sintetizzata da “Itinerari”, forse la sua composizione più rappresentativa. “Angela” e “Giornali femminili” sono infine due anticipazioni dell’album Musica infinita: Armando Corsi suona Luigi Tenco, realizzato con la produzione di Marco Miconi e di imminente uscita.
Ci si avvia alla conclusione e Corsi chiama sul palco Elsa Martin per una sorta di passaggio del testimone: Elsa, che l’hanno scorso aveva cantato il titolo di coda “Madame Guitar” di Endrigo, ora interpreta al femminile “Mi sono innamorat(a) di te” di Tenco. Mentre Armando si prende carico di guidare una versione strumentale dell’emblema del festival, accompagnato da Marco Bianchi, Chris Proctor, Massimo Gatti, Alberto Caltanella, Michel Gentils e il Bruskers Guitar Duo. Un gran finale davvero, con il quale ci diamo appuntamento alla prossima edizione, che sarà un’immancabile decima edizione.
Andrea Carpi
Leggi qui e qui i resoconti delle prime due giornate di Madame Guitar