Chitarrista con studi seri ed esperienza quarantennale alle spalle, Jimmy Robinson mette bene in mostra l’influenza varia in cui si è formato e ha operato a partire dagli inizi psichedelici: l’album non è di ‘pura’ chitarra acustica e – va detto subito – almeno in questa sede Robinson non appare intenzionato a far sfoggio di virtuosismi tecnici. A riprova di questo, si esibisce anche in alcune cover che non ci saremmo aspettati: “Hurt” di Trent Reznor, credo ispirata dalla versione di Johnny Cash di qualche anno fa; “Eight Miles High” dei Byrds e “Little Wing” di Hendrix in una versione con voce femminile, il cui arrangiamento è più debitore di Gil Evans che di Hendrix stesso. Robinson è chitarrista molto ritmico e percussivo – a volte dal piglio rock, e ne sono testimoni “Can’t Stop Drinking”, “Frantic”, “12 String #2”, “Psycho Gras”, “Morning” – pur riservandosi fraseggi e solismi veloci qua e là. E sembra intenzionato a trovare un punto di equilibrio tra chitarrismo acustico e cantautorato; sul versante delle canzoni appare come efficace songwriter: “Everything Must Go” è un bel brano in tempo ternario; “You and Me” è una buona ballad; “River of Tears” è vicina al neo folk/traditional in minore; “You Make Me Crazy” sembra uscita dagli psichedelici anni ’60 (giudizio personale, l’unica pecca qua è la voce femminile ospite). Sul versante strumentale, i pezzi più forti sono “Lynne Louise”, “Colin Brown” con l’andamento da traditional e chitarristicamente più importante (bei fraseggi veloci e rolls tra i momenti di strumming), “Nu Slap” che rende conto delle sue varie influenze.
Sergio Staffieri