Lo so che le nuvole mi aspettano minacciose dietro l’angolo. Così, a ogni curva, il cielo appare sempre più scuro e l’arrivo a Fiuggi è accompagnato prima da qualche goccia poi da una pioggia torrenziale. Là è così e nonostante la piena estate, che però obiettivamente tarda a manifestarsi in tutta Italia, l’incertezza del tempo è l’unica nota ‘stonata’ di questo festival della chitarra classica, che da qualche anno ha intelligentemente aperto i suoi spazi al flamenco e alla chitarra acustica. Questa astuta mossa del suo ideatore Roberto Fabbri ha dato un tocco di lungimiranza alla manifestazione, mostrando coraggio e volontà nel considerare la chitarra unica e sola con le sue sei corde, siano esse di nylon o di metallo, in antitesi alle regole ferree dell’accademia e accettando tra i suoi esecutori qualunque stile o modalità esecutiva.

Sorprende e colpisce questo atteggiamento, ma ci trova completamente d’accordo nel valorizzare il nostro strumento senza barriere o argini, e soprattutto senza pregiudizi. Così, a Fiuggi, si respira aria di entusiasmo e di libertà e le decine di ragazzi che riempiono le piazze e gli hotel da mattina a sera con il suono dei loro esercizi, rigorosi e accademici, hanno la possibilità di confrontarsi con generi e tecniche diverse. In questo modo acquisiscono la consapevolezza di un infinito cosmo fatto di musica e di passione, e di una ‘diversità’ stilistica accettata e ammessa, anzi condivisa, che può portare solo positività a questa nostra attualità così confusa e incerta.

Sono voluto tornare a respirare un po’ di quest’aria, perché già l’anno scorso avevo goduto dell’entusiasmo manifestato da questi ragazzi e sentivo la mancanza di un ambiente così ‘salubre’, alimentato da queste energie. Il merito non va solo a Roberto, ma anche all’instancabile lavoro di Micki Piperno, che ha curato tutta la parte acustica, e a Felicia Toscano, che trascina e lancia costantemente i suoi ragazzi in performance esaltanti e imprevedibili. È stato un piacere incontrare nuovamente Eleonora di nove anni e trovarla ancora più appassionata con la sua piccola chitarra in mano; oppure Niccolò di undici anni, conosciuto nella hall dell’albergo mentre provava ansiosamente la sua “Lagrima” di Tárrega, che da lì a poco avrebbe dovuto eseguire al concorso. Ragazzi motivati e coinvolti nello studio della chitarra, che non è più momento di noia imposto dai genitori, ma ‘festa’ e occasione di condivisione.
Per quanto riguarda la chitarra acustica, il lavoro di Micki Piperno è stato molto attento e ha saputo regalare alla didattica delle ‘corde di metallo’ altrettanta autorevolezza rispetto alla più blasonata chitarra classica. La parte della chitarra flamenca, seguita da Juan Lorenzo, ha completato il profumo di arte che per tutta la settimana si è respirato nelle strade di Fiuggi.
Tra tante chitarre, la figura di Silvia Battisti D’Amario, insegnante di violino e viola, si incunea trasversalmente ed ecco che gli archi emergono prima sottovoce, poi sempre più preponderanti, in un’atmosfera in cui tutto sta bene con tutto e le fusioni di suoni rappresentano a pieno la gioia di fare musica, di far vivere ai partecipanti il piacere di esserci.
Le giornate si svolgono così: sin dalla mattina note su note si susseguono, ora ingiallite, ora incandescenti, e regolano il ritmo di una quotidianità surreale che vorresti non finisse mai. La pausa pranzo è un momento importante: due lunghe tavolate raccolgono studenti e insegnanti che, abbandonati i loro strumenti, condividono amicizia ed esperienza. Si dialoga, si conversa, talvolta si vede negli occhi di questi ragazzi un primo percepibile scambio d’intesa; i più grandi esternano le prime ‘simpatie’, ora ingenue, ora un po’ più maliziose, dando al gioco un plateale senso di verità.

Nel pomeriggio si continua a suonare, si portano a termine i brani, ci si prepara per i concorsi dell’ultimo giorno. Certamente sono dodici ore vissute con la chitarra in mano, cercando complicità e accettando la disciplina, fondamentale e necessaria.
Dopo la cena prendono vita i concerti che arricchiscono e completano la giornata. Grandi performance che danno un tono diverso a tutto il festival. Le nuvole dei primi giorni svaniscono e la sera si copre di un cielo stellato, che invita il pubblico a sedersi nella grande piazza per godere dello spettacolo con la chitarra sempre protagonista. Si inizia sempre con la performance di due chitarristi classici per concludere con la chitarra acustica o la chitarra flamenca.
Dopo la cena prendono vita i concerti che arricchiscono e completano la giornata. Grandi performance che danno un tono diverso a tutto il festival. Le nuvole dei primi giorni svaniscono e la sera si copre di un cielo stellato, che invita il pubblico a sedersi nella grande piazza per godere dello spettacolo con la chitarra sempre protagonista. Si inizia sempre con la performance di due chitarristi classici per concludere con la chitarra acustica o la chitarra flamenca.

Tra i classici abbiamo ascoltato quest’anno Francesco Taranto con Nando Citarella, Salvatore Zema & Eszter Lencses, Gabriel Guillen & Anna Inozemtseva, Ivan Petricevic e Ciro Carbone. Tra gli acustici si sono esibiti invece Stefano Barbati, Giovanni Pelosi, Dario Fornara e… Reno Brandoni. Il buon Micki Piperno, che avrebbe dovuto effettuare la sua performance il sabato, è stato bloccato da una febbre improvvisa e non ha potuto svolgere il suo concerto.




La sera di domenica, la manifestazione si è conclusa con due momenti veramente indimenticabili. Il primo ha visto protagonista lo stesso Fabbri con il suo quartetto. È bastata qualche nota per capire le ragioni di tutto questo: Fabbri, allontanandosi totalmente dal repertorio ‘classico’, ha eseguito esclusivamente composizioni originali, piene di melodia e atmosfera, stregando il pubblico con suoni densi di magia e passione. Brani disegnati su melodie ‘semplici’, ma non banali, hanno raccontato di un percorso, di un viaggio che ha portato il nostro amico sicuramente alle vette di un panorama musicale chitarristico, regalando personalità a uno stile che certe volte potrebbe sembrare complesso e privo di coinvolgimento.

La serata si è conclusa con l’esibizione del duo formato da Antonella Ruggiero e Francesco Buzzurro. Voce e chitarra che si sono sommate per regalare un unico coro, indivisibile, imprescindibile. Ho apprezzato per anni Francesco ritenendolo la ‘sintesi’ della chitarra. A lui tutto è concesso: qualsiasi cosa passi per le sue dita prende forma, e anche l’impossibile diventa semplice e fluido; sembra non esserci mai uno sforzo o un tentativo di apparire virtuoso, ma in realtà è proprio la complessità esecutiva travestita da semplicità a rendere Buzzurro un chitarrista inimitabile. La voce di Antonella sprigiona sentimenti, passione e grande professionalità. E così i due protagonisti si fondono sul palco, mai ammiccanti, ma con grande sensualità si trasferiscono energia l’un l’altro generando un unico personale suono, che ti cattura appassionandoti.
Si spengono le luci e le ultime note risuonano ancora. Qualche abbraccio, strette di mano e saluti, e si riparte daccapo per un’altra meta. La mattina il cielo è di nuovo pieno di nuvole e non si annuncia niente di buono: conviene prendere la macchina e andare. Ma per fortuna quest’anno le nuvole hanno graziato il festival: che si siano appassionate pure loro?
Reno Brandoni